A cura di Marika Mendolia
– Ciao Rosario, presentati e parlaci un po’ di te.
Ciao Marika, un caro saluto a te e agli amici di Giallo e Cucina! Mi chiamo Rosario Russo, ho 34 anni e sono siciliano, precisamente di Acireale. Forse sarebbe meglio che mi definissi “siciliano di scoglio”, in quanto fortemente attaccato alla mia terra e poco propenso ad abbandonarla. Purtroppo il destino di noi giovani siciliani sembra essere quello dell’emigrazione e anche io a breve sarò destinato a partire verso altri lidi. Questa a mio avviso è la vera catastrofe.
– Da dove nasce la tua immensa ispirazione per le tue opere? Hai seguito un preciso schema espositivo o ti sei lasciato guidare dalle emozioni?
Direi un cinquanta e cinquanta. Scrivere significa estrapolare un contesto reale e aggiungere la propria creatività. Le emozioni sono fondamentali, è chiaro, se l’autore non si emoziona il lettore se ne accorgerà presto in quanto la scrittura risulterà piatta, però è altrettanto sacrosanta la progettazione narrativa. Prima di iniziare a scrivere c’è un lungo lavoro dietro che prevede lo studio dei personaggi e della trama. Ma anche questo è un atto creativo.
– Quando hai scoperto di possedere questo prezioso talento?
La mia è sempre stata un’onorata carriera di lettore, però ad un certo punto mi sono accorto di voler fare il grande passo e scrivere una storia. È successo nel 2012, anno in cui ho realizzato la mia prima opera, “Il martirio del Bagolaro”, romanzo storico ambientato in Sicilia durante gli anni post risorgimentali. Sono molto legato a questo romanzo che a breve andrà in ristampa in una nuova veste editoriale. Non vedo di darlo in pasto ai lettori!
– C’è una tua opera, un tuo racconto in particolare che fa parte di te ?
Beh, forse “Il delitto delle cartoline”, primo racconto della raccolta “Effetti Collaterali” (Algra Editore). Il protagonista è Vincenzo Cantone, un giovane aspirante scrittore che vorrebbe a tutti i costi scrivere una storia interessante. C’è molto di me in questo personaggio, sia per quanto riguarda il suo passato, sia per quanto riguarda l’approccio alla narrazione. Vincenzo cerca disperatamente l’ispirazione per una storia interessante e cerca in tutti i modi di trovarla, col rischio di farsi prendere per pazzo. Ma senza di essa, Vincenzo non si azzarda a scrivere. Ecco, questa è la mia idea: bisogna prima possedere la storia, poi la si racconta. Viceversa diventerebbe una perversione. La scrittura è lo strumento di supporto per il racconto.
– Quali sono secondo te gli aspetti positivi e negativi a cui può andare incontro un autore?
Il discorso è molto complesso. Noi siamo la conseguenza delle nostre scelte, e l’autore non fa di certo eccezione. Vero è che le case editrici spesso determinano il successo o la stroncatura di uno scrittore, però una qualità fondamentale è sempre la pazienza. Ci vuole pazienza nello studio, pazienza nel non pretendere il successo immediato, pazienza nel saper accettare le critiche negative, le quali fanno sempre parte del gioco. Se l’autore si mette in testa questo, allora avrà davanti una carriera bellissima.
– Secondo te cosa dovrebbe migliorare l’editoria italiana?
Parto col presupposto che parliamo sempre di C.E. non a pagamento. Il resto lo considero spazzatura. Spesso le C.E. vengono demonizzate perché preferiscono investire su determinati prodotti commerciali. Per intenderci, il libro della tronista di turno, o del calciatore, ogni anno spopola tra gli scaffali delle librerie a discapito di autori che puntano tutto sulla qualità dell’opera. Questa cosa non la vedo del tutto negativa perché in ogni caso il libro della tronista trascina in libreria intere masse di popolazione che altrimenti non avrebbero mai letto un libro, e leggere è sempre meglio che guardare un film o un programma in tv. Però è anche vero che bisogna educare il lettore, magari premendo maggiormente su letture di qualità. Questa potrebbe essere la vera sfida.
– Cosa significa per te rivestire il ruolo di autore emergente? I tuoi scritti sono rivolti ad una categoria di lettori in particolare?
La prima cosa che dovrebbe chiedersi un autore emergente è proprio questa: a chi è rivolto il mio libro? Inoltre: quale genere di romanzo (o racconto) voglio scrivere? Una volta stabilito questo, si avranno le idee più chiare sul tipo di lettori ai quali rivolgersi. Perché una cosa è sacrosanta: si scrive sempre per i lettori, sono la cosa più preziosa che può avere un autore.
In teoria ti dovrei rispondere che la categoria dei miei lettori è ascrivibile al genere noir, però ti faccio una provocazione: vale ancora suddividere la letteratura per generi? Io resto convinto della contaminazione, ormai non ha più senso catalogare e ghettizzare un libro sulla base del genere, ma sulla base della buona e cattiva letteratura.
– Hai qualche valido consiglio da offrire a chi come te possiede il meraviglioso dono della scrittura?
Il talento se c’è, non basta. Bisogna saperlo coltivare attraverso lo studio. Purtroppo in Italia abbiamo più scrittori che lettori, e siamo il paese dove la narratologia non è una materia oggetto di studio. Puoi benissimo trarre le conseguenze, che si manifestano attraverso le miriadi di testi scadenti che ogni anno vengono pubblicati. Per cui, il consiglio che posso dare, sempre se sono la persona più adatta, è quello di leggere tanto, dopodiché concentrarsi sulla progettazione narrativa in maniera tale da lavorare sempre su una trama blindata, solo così si eviteranno spiacevoli sorprese. E poi affidarsi a una C.E. non a pagamento. È l’editore che dovrebbe investire sull’autore, non il contrario!
– Perché i lettori dovrebbero leggere le tue opere?
Bella domanda. La letteratura noir è ormai diventata letteratura sociale, una finestra privilegiata sulla quale osservare la realtà. Il noir attrae un numero sempre maggiore di lettori, interessato non solo alla storia, ma anche all’ambientazione e ai conflitti che si susseguono. Il noir in Sicilia ha tanti padri illustri (citare Camilleri o Sciascia mi sembra riduttivo, dato che abbiamo fior di autori affermati) per cui è importante possedere un linguaggio personale, preferibilmente non troppo legato al passato. Per cui se i lettori volessero darmi fiducia, intraprenderanno un viaggio in Sicilia, scoprendo però non la solita Isola da cartolina, bensì una terra che muta in continuazione, una terra che oltre alle bellezze paesaggistiche deve fare i conti giornalmente con il malaffare, gli abusi edilizi, gli scempi causati dalla mano dell’uomo. Del resto, come sostiene Savatteri “esiste una Sicilia diversa: basta solo raccontarla”.
– Quanto credi sia importante per un autore il passaparola per la promozione di un libro?
Importantissimo. Se non sbaglio Federico Moccia deve il suo successo al passaparola degli studenti, che addirittura fotocopiavano i suoi libri! Però l’autore, soprattutto emergente, dovrebbe mettersi in testa che nulla è dovuto, per cui bisogna impegnarsi in continuazione per creare reti, agganci, rapporti. I rapporti restano e molte volte si trasformano in bellissime amicizie. La letteratura è fatta di questo.
– Esiste un titolo in particolare che ti ha stravolto la vita? Quale scrittore consideri il tuo mentore ?
Libri ce ne sono tantissimi, Se questo è un uomo di Primo Levi, Romanzo Criminale di De Cataldo, oppure I Viceré di Federico De Roberto, la monumentale opera che mi ha ispirato per Il Martirio del Bagolaro. Ce ne sarebbero tanti altri, è impossibile elencarli tutti. La stessa cosa vale per gli scrittori, però ne vorrei citare uno in particolare: Piergiorgio Pulixi, uno scrittore che io reputo un modello per tutti gli autori emergenti. Mi piacerebbe in futuro ripercorrere la sua carriera.
-Ed infine come da tradizione del blog Giallo Cucina, vorremo tanto conoscere il tuo piatto preferito.
Da siciliano, ti dico le polpette di carne di cavallo. Ne vado matto, ne mangerei a quintali! Il consiglio che do è quello di provarle nelle varie bracerie di Catania, patria dello street food siculo. Sarà un’emozione unica.