Intrevista a cura di Stefania Ghelfi Tani.
Buongiorno Patrizia e grazie per averci concesso un po’ del tuo tempo! Ci racconti chi sei e perché scrivi? Quando è nato il tuo amore per la scrittura?
Buongiorno, grazie a voi per avermelo chiesto.
Chi sono? Certo che cominciamo con la classica domanda da un milione di dollari! E siccome non ho “la risposta”, ti darò “una” risposta: sono una donna che scrive. Scrivo praticamente da sempre, da quando ho preso una penna in mano, e lo faccio perché per me è una necessità, prima ancora che una passione.
Parlaci dei tuoi libri. Marmellata di prugne e Trecento secondi. Affronti temi molto importanti e profondi, storie che non bisognerebbe mai dimenticare e trascurare. Differenti tragedie umane che hai in parte vissuto.
Entrambi i romanzi raccontano vite dolorose, vita faticate, tutte in salita. Raccontano di sofferenze forti, talmente forti che possono annientare e dalle quali, invece, i protagonisti riescono ad uscire. Con il corpo e l’anima feriti, certo, ma ne escono. Ne escono più forti perché più consapevoli.
“Marmellata di prugne”, il mio romanzo d’esordio, racconta, tra realtà e finzione, la vita di una vecchia che è stata “una bambina di Chernobyl” e che ha trascorso dieci estati in Italia per le vacanze terapeutiche. Lyudmila, ripercorrendo le vicende e le tante cadute dei suoi novant’anni, trova la forza e la capacità per affrontare fino in fondo il suo dolore, dandosi le risposte che ha cercato tutta la vita e dando “un senso” alle sue ferite e alle lacrime versate. Lyudmila esiste davvero. E quelle dieci estati italiane le ha trascorse a casa della mia famiglia.
“Trecento secondi”, invece, racconta la storia di un padre di famiglia che viene accusato dalla moglie di violenze sui loro figli. Accusato ingiustamente. Ho conosciuto diversi padri che hanno vissuto situazioni simili, ho fatto delle ricerche e ho trovato dei numeri impressionanti. Ho voluto raccontare una storia del genere perché queste storie accadono, ma non le racconta mai nessuno.
Dove scrivi? Hai un posto preferito dove trovi ispirazione?
Scrivo per lo più in casa, ma anche in giro: ho sempre un quaderno nella borsa. Non ho un posto preferito, non in senso assoluto. I “posti preferiti” cambiano con il tempo, con la disposizione d’animo e anche, necessariamente, con le esigenze della mia famiglia. In questo momento il mio posto preferito è in riva al lago.
Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura di questi romanzi?
Io scrivo di getto. Di impulso. In testa ho solo quello che sta accadendo ai miei personaggi in quel momento, al massimo nel capitolo successivo. Non ho mai la trama in testa, prima. Scrivo più che posso senza pause e senza rileggere. Scrivo e basta. E scrivo, sempre, in prima persona. La difficoltà maggiore, quindi, per me, è tenere tutti i fili, tesserli senza perderne alcuno, perché io non so mai, prima, come si andranno ad intrecciare.
Ami avere musica di sottofondo? E se sì quale genere ami?
Preferisco il silenzio, perché già quello che ho in testa fa tanto rumore. Ci sono stati, però, ci sono dei momenti in cui, per scelta o per caso, ho bisogno di una canzone per scrivere. E la ascolto ininterrottamente, finché non ha esaurito la sua funzione.
Come lettore quali libri acquisti, cosa ami leggere? E se devi regalare un libro come lo scegli?
Leggo prevalentemente narrativa, italiana e non, e poesia. Amo regalare libri. Ai ragazzi regalo sempre i classici, sempre. Agli altri mi piace regalare libri che da soli non si comprerebbero mai.
Un autore che ami particolarmente e perché?
Altra domanda da un milione di dollari. Il primo nome che mi viene in mente è Dante. Perché la “Divina Commedia” è sicuramente la lettura che mi ha dato più risposte.
Prossimi progetti letterari?
Sto scrivendo.
Hai mai presentato i tuoi romanzi in pubblico? Se sì, quale è la domanda che ti ha messo in difficoltà e quale quella che più ti è piaciuta? Una che non ti hanno ancora fatto?
Certo che si. “Marmellata di prugne”, uscito ormai da tre anni, l’ho presentato una cinquantina di volte e a breve riparto. Anche “Trecento secondi” l’ho presentato più volte, anche se non come il primo. Di domande me ne hanno fatte davvero tante e di tutti i tipi. Il mio primo romanzo è stato scelto come testo di lettura in molte classi soprattutto delle scuole medie e mi capita spesso, poi, di incontrare i ragazzi che lo leggono: davvero non mi viene in mente nulla che non mi abbiano già chiesto. La domanda che mi è piaciuta di più è: “quanto di te c’è in Lyudmila e in Paolo?”. La più bella e la più difficile.
Un consiglio a chi ha il suo manoscritto chiuso nel cassetto?
Di tirarlo fuori e provarci. Io ho fatto così.
Grazie per la bella chiacchierata. Ora, come tradizione di Giallo e Cucina ti chiediamo di salutarci con una citazione ed una ricetta di cucina che ami!
Qui viene il bello! Sorrido… perché io sono una cuoca mediocre (le malelingue direbbero pessima J ). Ciò nonostante vi darò una ricetta da provare: Involtini di verza.
Lessare 12 foglie grandi di verza, scolarle a cottura non ultimata e passarle sotto l’acqua fredda.
Preparare un impasto con 400 grammi di carne macinata mista, 2 salsicce, 100 di sottilette, 100 grammi di parmigiano e 300 grammi di funghi champignon trifolati e metterlo sopra le foglie, quindi arrotolarle.
Spolverare con pepe e cuocere in padella con olio d’oliva per una ventina di minuti.
Vi saluto con una citazione che mi porto nella memoria e nel cuore da quando ero ragazzina e che ho voluto mettere all’inizio di “Marmellata di prugne”.
«La sofferenza (…) è l’unico modo a nostra disposizione per diventare consapevoli della vita; il ricordo di quanto abbiamo sofferto nel passato ci è necessario come la garanzia, la testimonianza della nostra identità.»
Oscar Wilde