Intervista a cura di Adriana Rezzonico
Abbiamo oggi il piacere di incontrare nel nostro salotto Maria Elena Cristiano. Benvenuta e grazie per la tua disponibilità.
Chi sei e quando hai iniziato a scrivere?
Salve a tutti e grazie per avermi accolto in questo piacevole spazio virtuale. Sono una scrittrice horror di Roma, nata e cresciuta nel cuore della Capitale. Ho alle spalle una formazione
prettamente scientifica, dato che mi sono laureata in Medicina e Chirurgia qualche anno fa, ma ho appeso il mio attestato al muro, ornato da una bella cornice, per dedicarmi al mio primo e vero amore: la scrittura. Invento storie da quando ho memoria. Mi divertivo, da bambina, a terrorizzare i compagni di scuola raccontando avventure di spettri, gremite di scheletri e maledizioni. Da adolescente il mio professore di Letteratura mi regalò un’edizione tascabile de “I racconti del macabro e del grottesco” di Edgar Allan Poe e dopo aver letto “Il cuore rivelatore”, decisi che sarei diventata una scrittrice. La via era tracciata e maestri come King, Matheson, Davidson, Barker e molti altri hanno illuminato la strada con il fuoco della loro creatività.
Ci racconti come è nato “Me and the Devil”?
L’idea di “Me and the Devil” è nata un sabato sera davanti alla Tv. Io ed il mio lui stavamo bevendo birra e guardando un programma a cui nessuno dei due prestava molta attenzione. Fra una chiacchiera e l’altra il mio compagno, grande appassionato di blues ed ottimo chitarrista, mi raccontò la leggenda che aleggia attorno alla figura di Robert Johnson, un genio che ha ispirato grandi come B.B. King o Eric Clapton. Si dice che negli anni ’30 il compositore vendette l’anima al diavolo in cambio di fama e successo e che Satana rivendicò il suo pegno facendolo morire giovane e ricco. L’aneddoto mi incuriosì molto e nei giorni seguenti mi documentai sulla vita e le opere di Johnson, ascoltando tutto il suo repertorio. La scintilla era accesa ed il mio bacato cervellino in poche settimane partorì una storia che prende spunto dalla notte in cui Johnson morì e, attraverso una chitarra maledetta, arriva nell’assolata e dissoluta California dei prima anni ’80 dove una band cerca di farsi strada nel complicato mondo del rock. Il gruppo otterrà gloria e denaro, scontrandosi, però, con Satana in carne e corna.
Personalmente amo patteggiare con il diavolo e tu?
Io sono profondamente agnostica. Le religioni mi mettono ansia e mi provocano disagio. Ovviamente non credo nell’esistenza del Diavolo, almeno non in quello di iconografica memoria. Però ho sempre nutrito molta simpatia per Lucifero, il primo ribelle, l’angelo caduto, l’anticonformista che preferisce regnare all’Inferno che servire in Paradiso. Quindi, per rispondere alla tua domanda, sì, mi piace patteggiare con il Diavolo, anche perché sconfiggerlo è impossibile.
Perché hai scelto di ambientare la storia in America?
Perché il blues ed il rock nascono lì, sulle sponde del Mississippi, fra la polvere della Route 66, nel deserto del Mojave, prima di arrivare nelle sale d’incisione di Los Angeles e dintorni. Il settanta per cento della cultura moderna ha origini made in U.S.A. La vecchia Europa si è adagiata sui fasti del passato Risorgimento, del defunto Romanticismo, e la giovane America, con le sue contraddizioni, le sue iniquità sociali e il suo ventaglio di sterminate occasioni ha partorito grandi idee soprattutto in ambito artistico. I più grandi scrittori contemporanei sono americani, così come i registi o i musicisti. C’è molto di commerciale nel plastificato universo statunitense, ma anche molta inventiva, creatività e immaginazione che l’Europa ha perso da diversi decenni.
Il Diavolo può essere considerato come metafora della vita, dove spesso il bene e il male convivono?
Satana è una maschera, la metafora per eccellenza della nostra duplice natura. L’uomo è attratto dalle stelle, ma saldamente ancorato alla Terra. E’ capace di immensi slanci di altruistico amore, e, contemporaneamente, vittima delle più vili pulsioni. L’essere umano è ambivalente, eternamente in bilico fra santità e dannazione e, a mio avviso, è il suo assoluto punto di forza: avere la libertà di compiere il bene o di commettere il male con la stessa naturalezza.
Che tipo di musica ami ascoltare?
Sono una vecchia metallara. L’hard rock, l’heavy metal, lo speed sono la colonna sonora della mia vita. Ho una collezione di cd e vinili sconfinata. Ascolto musica continuamente, anche mentre scrivo o quando leggo. Guns n’ Roses, Motley Crue, Linkin Park, Metallica, Alice Cooper sono i miei compagni di giochi preferiti. Ed ho una sorta di dipendenza da Caparezza, che cito, esplicitamente o velatamente, in molti miei scritti.
Tra i commenti online, qualcuno ti definisce una droga da ingerire a piccole dosi. Cosa ne pensi?
Penso, innanzitutto, che adoro i miei lettori. Ringrazio chi mi ha definito così. Spero che le mie storie inducano assuefazione e che, una volta cominciato a leggere un mio romanzo, il lettore non riesca a scollare gli occhi dalle pagine fino all’epilogo!
Dove possiamo trovare i tuoi lavori?
“Me and the Devil” è stato pubblicato in versione digitale (e-book) da Delos Digital ed è reperibile su tutti gli store online (Amazon, Kobo, Ibs, Google Play Store, iBooks, etc.). Mentre il romanzo precedente “L’isola delle bambole” è reperibile in tutte le librerie, dato che è in versione cartacea. Fra l’altro, entro qualche mese, sarà pubblicato il suo seguito dal titolo “Sad Satan. La setta del Diavolo triste”.
Prima di congedarci ci regali una citazione e una ricetta preferita?
Una delle citazioni presenti in “Me and the Devil” è: “il Diavolo… quello spirito orgoglioso…non può tollerare di venir canzonato” (Thomas Moore).
Non sono una gran cuoca, ma scongelo i precotti in maniera sublime! Mi fregio, però, di fare un buon Casatiello, una pizza rustica della tradizione partenopea. La ricetta è facile e reperibile sui vari siti di cucina. La migliore la potete trovare su Giallo Zafferano.
Ringraziamo Maria Elena Cristiano e invitiamo i lettori a leggere “Me and the Devil”.