Intervista a cura di Cristina Rossi
Oggi incontriamo Luigi D’Urso, milanese, quarantotto anni, studi classici e laurea in lettere classiche. Personaggio eclettico, che ha al suo attivo diversi romanzi. Alcuni pubblicati in self-publishing ed altri da case editrici indipendenti che hanno iniziato a credere in lui.
D: In prima battuta vorrei chiederle…
R: se vuoi che continuiamo, diamoci del tu!
D: d’accordo, Luigi! Ho letto in rete che sei una persona diretta, e…
R: Cristina, sei gentile, perché in realtà mi definiscono arrogante!
D: hanno ragione?
R: quando una persona crea qualcosa che prima non c’era, soprattutto in ambito letterario, l’invidia degli eterni secondi, quelli che per capirci al liceo si limitavano a copiare, risolve sempre il proprio disagio in un giudizio negativo.
D: cosa hai creato di nuovo?
R: una nuova figura professionale, l’ ”architeller”; ed un nuovo genere letterario, basato su racconti personalizzati
D: Ragazzi! Affermazioni impegnative!
R: in più, ho resuscitato, dopo anni di passione, la carta!
D: scusami, Luigi, mi aiuti a mettere ordine nelle cose? Iniziamo dall’ ”architeller”
R: l’architeller è lo scittore 3.0, un costruttore di storie personalizzate per un committente che paga. Niente di nuovo sotto il sole, proprio come nel Rinascimento si commissionavano le opere d’arte.
D: ho letto infatti, che ti definisci un sarto editoriale, che confeziona, appunto, “abiti di sartoria editoriale che armonizzano forma e contenuto in base agli obiettivi definiti”. Chi è il tuo committente? Come funziona?
R: in questo momento i miei committenti sono alcuni tra i più prestigiosi hotel italiani. Per il Park Hyatt Milano ho scritto un soft thriller, “Misteri di carta”. Mentre parliamo, è probabile che alcuni ospiti stranieri stiano lasciando l’Hotel, direzione aeroporto, con il mio racconto fra le mani.
D: Si, ma perché “sartoria editoriale”?
R: per due motivi:
Primo: creo racconti “su misura”, dove uno dei protagonisti è lo spazio del committente.
Secondo: scegliamo insieme il “tessuto” della creazione. Fuor di metafora: grammatura e tipologia della carta, grafica in sintonia con gli arredi e lo stile. Per esempio, per un boutique cinque stelle del Chianti, i colori della copertina erano coordinati con le geometrie cromatiche delle federe e delle lenzuola.
D: quindi i racconti vengono lasciati sul letto?
R: dipende. Il Park Hyatt ha deciso di donarlo al check out
D: e la carta resuscitata?
R: anni fa, i guru della comunicazione annunciavano la morte della carta poiché era nato il cd-rom. Oggi, il cd-rom è morto ed i millennians non sanno neanche che sia esistito. Amo il digitale e credo da sempre nella contaminazione. Mi piace, ad esempio, che questa intervista trovi spazio in un blog prestigioso, ma soprattutto digitale, come il vostro. I racconti personalizzati come dono agli ospiti di un Hotel, non potevano avere altro medium che la carta. Certo, si può inserire il Pdf in un supporto Usb, per risparmiare. Ma a parte la banalità di questa soluzione, il rischio è che ti mettano la chiavetta…..
D: si, Luigi, credo di aver intuito…! ma allora: scrivi per passione o per denaro?
R: se una passione, sinceramente vissuta, ti porta del denaro, non ci vedo nulla di male. Il problema è quando forzi la tua passione per ottenerlo.
D: nasci come scrittore di romanzi, ora ti definisci Architeller: come ti consideri realmente oggi?
R: trovo stucchevole tutto il romanticismo che circonda la figura dello scrittore. Il vero protagonista, anzi, l’unico eroe, da quando esiste la parola scritta, è il lettore; soprattutto il lettore di storie, che paga per leggere (e non viene pagato). Anche in termini di tempo. E sai perché? Perché è il vero cacciatore di emozioni!
D: emozioni… è una parola abusata…
R: Hai ragione, proprio per questo alcuni anni fa ho letteralmente gettato lungo i marciapiedi di Milano migliaia di copie di un noir che intitolai “ La persona che trovò un libro per strada”, con lo pseudonimo “Anonimo milanese”
D: titolo e modalità di distribuzione interessanti!
R: esatto. Immagina, Cristina, di camminare per strada e trovare un piccolo libro nero che ti chiama dalla copertina. Infatti la persona che trova il libro per strada sei tu. Lo raccogli, inizi a leggerlo, e ti accorgi che il protagonista del noir è il passante che lo ha raccolto.
D: marketing, quindi, o emozione?
R: Non mi pongo il problema. Un giorno, James Dean, forse a casa di un amico (non ho tempo di verificare su web, ma la sostanza è questa) prese una poltrona dal salotto e, piazzatala in mezzo alla strada, si sedette circondato dal traffico della sera. Quando il suo amico gli chiese spiegazioni, egli rispose “Almeno questa sera, tornati a casa, avranno qualcosa da raccontare”.
Ecco, io non sono James Dean, ma l’emozione che volevo trasmettere era esattamente questa.
D: caro Luigi, prima di ringraziarti e congedarmi da te, ti devo chiedere, come di consueto per Gialloecucina, una tua ricetta e la tua citazione preferita
R: Visto che siamo su un blog di libri e cucina, ti copio/incollo una ricetta dal mio romanzo “Il naufragio”:
..”Ad ogni modo, prima fai un soffritto magro, cioè senza olio o lardo, e butti tre spicchi d’aglio nel vino bianco bollente. E qui ti insegno un trucco: prima di gettarli in padella, li spanci leggermente con il piatto di un coltello, ciac, un bel colpo secco, così, una volta aperti, sprigionano meglio la forza. Dopo qualche minuto, aggiungi una scorzetta di limone tagliata a briciole. Sentirai un profumo soave, trasparente. Vuol dire che hai raggiunto l’equilibrio. Ecco, adesso togli i frammenti del limone e aggiungi un po’ di pomodori a pezzi, una manciata di olive nere senza osso, qualche cappero, e un quarto di peperone giallo sminuzzato. Attendi qualche minuto. Innaffia ancora con un po’ di vino bianco. Ora il profumo è lontano e nostalgico come un ricordo d’infanzia: ecco l’armonia! A questo punto, pizzica un trito di basilico, prezzemolo e finocchietto selvatico, e fallo piovere con grazia. Quando vedi che il sugo guadagna consistenza, stuzzicalo con alcuni semi piccanti e una spolverata di pecorino”.
Visto che la vita, sostanzialmente, è il luogo dove quasi tutti i nostri desideri vengono disattesi, mi piace citare questa frase di Yogi Berra, un “Trapattoni” ante litteram, che giocava a baseball negli anni 50/60: “in teoria, non c’è differenza tra teoria e pratica; in pratica, sì”
D: Luigi, ti ringrazio per essere stato con noi, e per la piacevole conversazione. Ci incontreremo ancora, magari per scoprire qualche tua nuova idea, che sicuramente arriverà!