Oggi intervistiamo uno scrittore esordiente, Iuri Toffanin, autore di “Ma soprattutto i ponti” di prossima uscita. Quarantasei anni, originario di Desio, è sposato con Miriam e ha tre figli. Di recente si è trasferito in Germania con tutta la famiglia cambiando radicalmente vita e abitudini.
Intervista a cura di Annalisa Benni
Buongiorno Iuri.
Le interviste di solito cominciano tutte con un “parlaci di te”. Vorrei chiederti di farlo in maniera diversa, e cioè descriviti raccontando le tre svolte più importanti della tua vita.
Buongiorno a te. La prima volta che ho incontrato mia moglie e le nascite dei miei figli le darei per scontate. Restiamo sull’epocale ma che non abbia contribuito ad aumentare di numero la famiglia. Dunque: febbraio 1988. Per il compleanno la mia classe del liceo, assecondando una nascente paturnia, mi regala un cofanetto con dieci vinili dei Pink Floyd. Per anni l’intero isolato li subirà, a rotazione e senza sosta. Poi: settembre 1996. Dal Ministero della Difesa arriva la cartolina con destinazione Venezia, dove svolgerò il servizio civile e trascorrerò l’anno più bello della mia vita. Se il romanzo è ambientato lì, ora sapete perché. Infine: gennaio 1998. Dopo quello che rimane ancora oggi il mio unico vero colloquio d’impiego, inizio a lavorare nella comunità per minori dove ho poi passato diciotto indimenticabili anni.
Il tuo romanzo Ma soprattutto i ponti avrà bisogno di un aiuto particolare per arrivare al pubblico. Proviamo a incuriosire i lettori regalando qualche indizio sulla trama, spiegando anche le modalità e i tempi per la pubblicazione.
Domandona, con sintesi difficile. Proviamoci. La trama, in poche parole: un ventisettenne che ha studiato a Venezia farebbe bene a tornare a Milano. Però incontra un barbone che vive sotto i portici di Palazzo ducale e che racconta storie estremamente fantasiose. Conosce anche una ragazza che per mantenersi fa un lavoro strano che richiama il titolo del romanzo. Una notte, al barbone succede qualcosa di molto brutto. Pensate alla cosa più brutta. Esatto, quella. Da lì parte, per i due ragazzi, un desiderio ambiguo di giustizia, con esito romanzesco. Il tutto in un clima, spero riuscito, che alterna commedia e tragedia. Mi fermo.
Il romanzo verrà pubblicato dall’editore con un progetto di crowdfunding inteso a raccogliere le prevendite che lo finanzieranno. L’operazione è molto semplice e diretta: allo scrittore (molto eticamente) non viene richiesto alcun contributo di stampa e allo stesso tempo il lettore si fa co-finanziatore dell’opera che, grazie a questo approccio fiducioso (nonché paziente: scrittore e lettore aspetteranno un po’ insieme, dato che la piattaforma di raccolta resterà aperta alcuni mesi per aumentare le probabilità di raggiungere l’obiettivo) vedrà infine la luce. In caso d’insuccesso, i sostenitori avranno indietro il denaro anticipato che, ricordiamolo, è quello del costo di copertina del libro. Ma sono ottimista. La campagna di raccolta inizia il 6 di settembre e per aderire, nonché per avere dettagli e chiarimenti, basta accedere al sito www.bookabook.it e procedere in maniera intuitiva. Per tutto il resto, seguitemi sul mio profilo Facebook, dove ho postato qualche filmato divertente. Se vi va di sostenermi, non tiratela in lungo: una buona partenza costituisce anche un buon fattore psicologico che non ha bisogno di spiegazione. Basta, ho parlato anche troppo.
Hai altri manoscritti nel cassetto?
Sì, direi almeno altri tre romanzi più una lunga sfilza di racconti.
A quale sei più affezionato e perché?
“La sesta volta che Molotov è morto“. Ha avuto una distribuzione amatoriale nella ristretta cerchia di un paio di centinaia di persone. Fortunate, direi, perché – e vengo al perché – credo di aver toccato un buon livello di originalità sia nell’invenzione dei due personaggi, molto insoliti ma credibili e umani, che nella scrittura, ironica e sensibile al tempo stesso. Chissà, magari un giorno sarete fortunati anche voi…
Mi piacerebbe sapere dove trovi l’ispirazione per le tue storie e se i personaggi che crei sono del tutto inventati.
L’ispirazione viene da piccoli dettagli della quotidianità che mi colpiscono e poi lievitano, nella mia mente, a velocità vertiginosa. Spesso si tratta di episodi grotteschi che dicono tutto, o almeno lo dicono a me, su quanto la realtà possa essere assurda nella sua banalità. Nelle mie storie i personaggi sono pochi e, in particolare con i loro dialoghi, ne connotano i baricentri. Hanno sempre una base realistica e partono da persone incontrate o conosciute, magari anche solo per pochi momenti. Però, se ci penso, mi accorgo che sono il frutto ciascuno della fusione di due o tre diversi caratteri che, amalgamandosi in un solo soggetto, lo rendono peculiare. Resta il fatto che, di norma, il protagonista maschile non sono io, ma un po’ mi somiglia.
Come viene vista in famiglia questa tua prima avventura editoriale?
In casa mi hanno sempre visto scrivere. I bimbi sono incuriositi, il nostro appartamento è ricolmo di libri e sono affascinati dall’idea che anche il papà possa contribuire in prima persona a fare massa. La signora è più distaccata e teutonica, perché a suo avviso, ora che ci siamo trasferiti all’estero, mi dovrei concentrare sullo studio della lingua e su cose più terra terra, di quelle che portano il pane in tavola. Siccome per il momento però il pane c’è, io disubbidisco almeno un pochino.
Qual è il complimento migliore che vorresti ricevere da un lettore?
Al termine di un convegno serioso in cui avevo letto un mio racconto scritto nello stile della casa, diverse persone mi hanno fermato dicendomi grazie, meno male che oggi c’eri tu. Ecco, questo è il genere di complimento che sì, mi fa arrossire, ma mi fa anche fare la ruota, come il pavone.
Consuetudine di Giallo e Cucina è di chiudere l’intervista con la tua citazione preferita e una ricetta. A te la parola.
Oh, bene. La citazione. Così, su due piedi, vi canterei:
“Chissà se poi gli eroi vivono solo d’aria
o se è la madre che gli rammenda i calzini”. (Federico Fiumani).
La ricetta: restando in un’ottica di protagonismo, vi propongo il semplicissimo Zuppone di Iuri, così detto perché da me ideato come alternativa golosa alla minestra verdognola e coi pezzettoni che pochi bambini mangiano senza il desiderio, secondo proverbio, di saltare invece dalla finestra. Nessuno lo ha mai rifiutato.
Ingredienti per 5 o 6 persone:
– 6 patate grandi;
– 4 carote;
– una cipolla;
– 2 dadi da brodo vegetale;
– un barattolo di pelati oppure mezza bottiglia di passata di pomodoro;
– 3 o 4 scatole di borlotti e lenticchie (scolatie sciacquati) in un rapporto che però resta segreto (se no si chiamerebbe Zuppone di Tutti. Basti dire che, mutando dosi e proporzioni dei legumi, cambiano anche gusto e consistenza: a voi sperimentare);
– olio extravergine e sale grosso senza esagerare.
Preparazione: far bollire per un paio di ore gli ingredienti in un pentolone, con acqua che anneghi le verdure superandole di un qualche centimetro. Rabbocchi d’acqua all’occorrenza. Il tutto andrà frullato e ridotto in crema. Aggiustare di sale prima di spegnere la fiamma. Se vi va, potete aggiungere una pasta in ditali (un pacco da 250 gr. andrà più che bene). Cucina povera, ma deliziosa, consigliata nei mesi freddi.