È con immenso piacere che incontro Fulvio Luna Romero nella sua Treviso. Faremo un’intervista itinerante. Ci mostrerà i luoghi che hanno ispirato i suoi libri (l’ultimo “Nancy mori’ d’autunno” recentemente recensito in queste pagine) e ha promesso che ci saranno frequenti pit stop a prosecco e spuncioni (finger food per i non indigeni). L’appuntamento è in piazza dei Signori, all’ombra del Palazzo dei Trecento per l’aperitivo. (a cura di Alessandro Noseda)
Buonasera Fulvio e grazie del tuo tempo. Dove ci porti?
Buonasera a te e ai lettori di GialloeCucina! A Treviso abbiamo una grande fortuna: non serve cercare la bellezza, basta passeggiare e alzare lo sguardo, le cose belle vengono direttamente a noi. Ma direi che una camminata in direzione del Quartiere Latino non fa male.
Ami tanto Treviso, si capisce leggendo i tuoi romanzi. Eppure non le risparmi critiche, spesso aspre. Come si spiega?
In passato ho scritto romanzi in cui celebravo la mia città. Poi il lavoro mi ha portato a starne lontano qualche anno, negli anni della crisi. E, vista da fuori, la realtà mi è apparsa ben diversa. Invecchiando ho capito che non esistono bianco o nero, tutte le cose hanno le loro sfumature, così ho cominciato a parlare anche di cosa non funziona. Che, però, è una minima parte.
La Pescheria, uno degli angoli più caratteristici della città. Cosa ti ricorda questo luogo? Quali altri scorci hai usato come scenografia e perché?
In questo posto ha inizio, di fatto, la storia di Nancy. E’ un posto significativo, una piccola isola in mezzo al centro, un posto dove si parla quasi solo dialetto e dove il tempo pare essersi fermato. E’ un bel luogo per ambientarci una scena, ma qui attorno i miei protagonisti si sono sbizzarriti. Credo che, in 8 romanzi, non ci sia un angolo del centro che ho lasciato fuori dai miei racconti.
Come nascono i tuoi libri?
Osservando e ascoltando. Le storie nascono da una frase, da un evento. Un tempo facevo delle lunghe camminate con Luna, la mia beagle. E nel corso di queste ragionavo e pensavo. Poi, una volta a casa, mettevo tutto su carta. Purtroppo Luna oggi passeggia in luoghi a me sconosciuti, ma la cinetica rimane per me la miglior fonte di ispirazione: così durante gli allenamenti di corsa o le uscite in bici, cerco di pensare e inventare.
Segui una scaletta o ti lasci guidare dalla storia?
Un tempo avevo una traccia, ma la seguivo solo all’inizio, poi improvvisavo. Oggi ho scelto una strada un po’ più professionale: ho una tavola di sughero su cui appendo un foglio che è l’asse del tempo lungo cui si svolge la storia. E accanto a questo molti fogli e foglietti con situazioni e personaggi. Rimango molto fedele all’idea iniziale.
Caccia, l’indiscusso protagonista, è un dandy moderno. Cura nei dettagli il proprio look, è di gusti raffinati, ama i particolari ricercati, è appassionato di orologi di pregio, di sigari di marca e di moto esclusive. Quanto ti assomiglia?
Diciamo che più che altro a me piacerebbe molto assomigliare a lui! Certo, sono un motociclista, amo le cravatte e fumo Toscani, ma qui mi fermo. Caccia è inarrivabile.
Le donne nei tuoi romanzi?
Le donne sono il valore aggiunto nelle storie. Sono sempre l’ago della bilancia, le figure da cui dipendono le decisioni importanti. Con Nancy, poi, ho fatto un passo avanti: Nancy fa parte degli ultimi, di quella fetta rinnegata dalla società. Ed è una donna talmente ininfluente che inizia il romanzo già morta.
Dove scrivi? Sempre nello stesso posto o dove capita?
Considerando che mi piace scrivere con il sigaro in bocca e un bicchiere di whisky accanto, ho attrezzato la terrazza di casa e ci passo molte ore al caldo, ma anche al gelo.
Del rapporto con editor ed editore cosa puoi dirci?
E’ un mondo molto complicato. Il mio editor, Bruno Bettamin, è un grande appassionato di letteratura ed è stato anche uno dei miei più grandi critici nel passato. Del resto è inutile affidarsi ad un editore che ti dice sempre “bravo, va benissimo, questa frase mi piace”. Bruno ci va giù duro, ma i risultati si vedono. Con l’editore non è semplice. Per fortuna io pubblico con Piazza Editore quasi dagli esordi e ormai si è creato un rapporto di fiducia per cu ci capiamo al volo. Ma sono un privilegiato.
Un consiglio ad un giovane che voglia provare a pubblicare?
Piedi per terra e grande umiltà. Non si è mai arrivati. Io scrivo da 12 anni e ogni volta che esce un mio romanzo mi danno l’anima per portarlo in giro. Ormai sono un senior della scrittura a Treviso, ma ricomincio sempre da zero, come se la storia non esistesse. Purtroppo chi si avvicina alla scrittura dà molte cose per scontate. Invece scrivere il libro è la parte più semplice. Poi bisogna renderlo leggibile, attraente. E infine farlo conoscere venderlo. Per fare queste cose ci vuole sudore e ci vuole umiltà.
Sei anche musicista. Ascolti musica mentre scrivi? T’ispira? Quale genere? Consigliaci qualche Autore/CD.
Mentre scrivo sono concentrato, non potrei mai. Ma è chiaro che De Andrè sia per me il riferimento assluto. Nancy è la protagonista della canzone che De Andrè ha tradotto da Cohen, ma molte altre sue poesie in musica hanno dato il via ad alcune mie storie.
Ami presentare i tuoi romanzi in pubblico? Una domanda frequente, una che ti ha imbarazzato, una che non ti hanno mai fatto?
Adoro stare in pubblico. Non faccio mai una presentazione uguale all’altra, e non ne faccio di “normali”. O si suona, o si va di monologhi, o si mangia e si beve. Ma per quei quaranta minuti la gente si deve divertire. Una domanda che mi ha imbarazzato: perché sei così poco famoso?
Una frequente… beh… Fulvio e Carlo Caccia!
E una che non mi hanno mai fatto: che differenza c’è tra i Toscani Garibaldi e i Classici?
Ora raccontati come lettore. Quali libri acquisti? Come e perché? Tre autori del momento a tuo avviso imperdibili?
Quasi solo thriller e noir, ma in grandissima quantità. La lettura è la vera passione, prima della scrittura. Imperdibili, solo tre? Beh, Frederick Forsyth, Ian Mc Ewan e il nostro Giuliano Pasini.
Ancora grazie per lo splendido tour cittadino, per le chiacchiere e per i giri di prosecco! Come consuetudine di Giallo e Cucina, lasciaci con una citazione ed una ricetta.
Sono un sempliciotto, in fondo. Quindi cito una frase di Jess Walter nel romanzo “Senza passato” in cui il protagonista si chiedeva chi potesse essere il presidente in grado di guidare gli Stati Uniti, e gli rispondevano: all’ippodromo si punta sul cavallo, non sul fantino.
E poi tagliate a fette del buon pane senza scale, scaldatelo ben bene sulla griglia, passateci un po’ di aglio, copritelo di olio e sale: la fett’unta è servita. Con un bel “Viva l’italia!”