a cura di Alessandro Noseda
Abbiamo il piacere di ospitare il recente trionfatore del Festival Letterario di Ladispoli. Benvenuto Francois e complimenti!
F.M.: Grazie mille è un piacere per me essere qui con voi in questa splendida cucina letteraria! Rosso sangue, noto. Colore azzeccato, direi!
Infilati un grembiule che iniziamo a cucinare: tra poco arriverà la redazione di Gialloecucina affamata! Cosa prepariamo?
F.M.: Da romano non posso che dirti una carbonara o un’amatriciana!
Hai vinto premi importanti con “Formule Mortali”, giallo definito perfetto dai lettori. Qual è la ricetta magica?
F.M.: È vero che ho vinto tre premi (Roma, Grottammare, Ladispoli) che mi hanno riempito d’orgoglio. Tutti hanno una valenza particolare: il primo, Grottammare per ovvi motivi. L’inizio di tutto. Il secondo, Roma, perché da romano, mi ha reso felice. L’ultimo infine perché totalmente inaspettato!
Non ho però la presunzione di pensare di aver scritto un libro perfetto, anzi. Adoro parlare con i lettori di Formule Mortali e chieder loro, consigli, opinioni o anche critiche costruttive per poter migliorare. Rileggendo Formule Mortali cambierei alcune cose che ora, da scrittore più navigato, mi sembrano perfettibili.
Non credo che esista una ricetta magica per quanto riguarda il genere poliziesco, ma penso fermamente che debba subire un’evoluzione e non rimanere ancorato dai dettami (eccezionali eh, sia chiaro!) primi gialli. Sono finiti i tempi del giallo “perfetto” alla Christie, penso infatti, che il giallo debba indirizzarsi verso il noir e non lasciare più soltanto una scia di sangue dietro di sé. L’indagine deve anche essere una scusa, per poter raccontare altro e offrire al lettore, spunti di riflessioni e domande. Risposte mai, non esageriamo! Però è interessante descrivere la società in cui viviamo o magari una città con le sue qualità e problematiche o un ambito lavorativo come il mondo accademico…
Senza raccontarci la trama o svelarci molto, ci invogli a comprarlo e leggerlo?
F.M.: Formule Mortali è un noir ambientato a Roma. L’ inchiesta risulta fin da subito difficile, inquietante. La peggiore che i poliziotti del commissariato di Monteverde dovranno mai affrontare.
La vicenda poliziesca non deve però togliere spazio alla vita intima dei protagonisti. Ho passato molto tempo nel cercare di renderli umani. Né bianchi né neri, ma grigi, con i loro pregi e difetti. Persone comuni che si trovano invischiate in un crimine più grande di loro e al tempo stesso, lottano nella quotidianità con i loro problemi personali. Non sono supereroi, anzi. Ma ligi al dovere quello sì. Ve li presento brevemente:
– commissario Biagio Maria Ansaldi, poliziotto di esperienza, ha superato la cinquantina, professionalmente assai preparato, integerrimo e per questo assai amato e rispettato dai suoi collaboratori. Fisicamente non è un granché…anzi è decisamente sovrappeso e soprattutto soffre di stati di ansia che, a volte, esondano in vere e proprie crisi di panico, che ne impongono l’ospedalizzazione. In genere riesce a controllare le sue ansie con l’assunzione di dosi massicce di ansiolitici, dei quali è divenuto dipendente, ma soprattutto trova sollievo “perdendosi” nell’arte, la pittura, quella vera, quella che mira alla Bellezza nel senso più alto del termine.
– vice del commissario è l’ispettrice Eugenie Loy, una ragazza, italo francese, di 30 anni. Fisicamente è l’esatto contrario di Ansaldi, alta magra, quasi segalina, vestita sempre di nero, mai truccata, è pur tuttavia capace e professionalmente inappuntabile. Viene soprannominata “loyedì”, un evidente miscuglio tra Loy e la ragazza mai sorridente di nome “Mercoledì” della Famiglia Addams. Nonostante ciò è in grado di prevedere ed estrapolare dati che altri non vedono. Dal punto di vita psicologico ha problemi simili a quelli del suo commissario; è, difatti, incapace di mostrare qualsiasi empatia nei confronti del genere umano, non per mero egocentrismo, ma per incapacità ad esternare i propri sentimenti. Amante della buona lettura, ha sempre con sé il suo libro di riferimento: Maximes et Pensées di Chamfort, del quale una citazione la descrive a perfezione .”les gens les moins sensibles sont les plus heureux”.
Gli altri tre componenti della squadra sono, per fortuna, più “normali”.
– agente anziano Caldara è l’unico sposato con due figli, famiglia che adora. È un individuo calmo e metodico, forse non di notevole intelligenza, ma preziosissimo in quanto infaticabile nella ricerca dei dati di archivio, dei “precedenti”, che tanta importanza rivestono nelle indagini. Ha notevole confidenza anche con Internet, oggetto misterioso per il commissario. Suoi unici crucci sono i continui rimproveri della moglie e dei suoceri, che lo accusano di tenere più al suo lavoro di poliziotto che alla famiglia “allargata”.
– agente Leoncini è un ragazzo di colore di origini africane, adottato in tenera età da genitori italiani ormai defunti, per i quali ha nutrito un grande affetto e della cui mancanza ancora soffre. È un gran bel ragazzo, dal fisico atletico, con due grandi passioni: una assai bizzarra, se si pensa al colore della sua pelle, lo studio del nazismo, l’altra assai più normale, le belle ragazze che non ha difficoltà a conquistare.
– agente Di Chiara è un giovane dal fisico tendente al grassottello, non certo all’altezza del suo collega, scapolo, alla ricerca, incessante ma ancora infruttuosa, di una compagna, nutre un interesse spropositato per i film coreani e per la squadra di calcio del cuore “la magica Roma”.
I due sono legatissimi, tanto da essere appellati i Ringo boys, chiara allusione ai famosi biscotti con due cialde unite, una di vaniglia l’altra di cioccolato. Insieme svolgono la maggior parte del lavoro sul campo, lavoro spesso ingrato e soprattutto senza orari di sorta.
Credo di aver detto abbastanza! A voi il piacere (si spera!) di leggere le 320 pagine del libro!
Ti piace partecipare a concorsi? E presentare il libro al pubblico? Qual è la situazione ideale?
F.M.: Mi piace molto mettermi in gioco. È importante visionare la temperatura ogni volta che si può del proprio libro, per poter imparare dai migliori e potersi confrontare. Adoro le presentazioni, interagire con i propri lettori è gratificante, stimolante e soprattutto veicola cultura. Da un dibattito possono nascere solo nuove idee e spunti di riflessione. La situazione ideale? Un moderatore ironico ma al tempo stesso serio e un pubblico non troppo addormentato ma recettivo e attivo. Pronto anche a contraddire l’autore se necessario.
Una domanda che non ti hanno fatto e a cui avresti voluto rispondere? Una che invece non sopporti?
F.M.: Non mi chiedono mai quale siano le differenze tra i noir italiani e francesi. La domanda che mal sopporto, invece, è chiedermi classifiche sui libri più belli che abbia mai letto. È impossibile farla, almeno secondo me. Ogni libro ha un contesto e periodo della mia vita particolare e soprattutto alcuni generi non possono essere paragonati.
Da lettore cosa leggi? Quali sono i tuoi autori preferiti? Qualche suggerimento!
F.M.: Prima di essere uno scrittore, sono senza ombra di dubbio, un gran lettore di gialli. Tralasciando i classici, come la Christie, Simenon o Doyle, adoro i nordici, Mankell, Indridason e Nesbo su tutti. Italiani: Pandiani, De Giovanni…Poi ho un debole per i francesi, Bussi, Lemaitre, Chattam, Izzo e Thilliez… Sono incredibili, per ferocia e colpi di scena. Peccato che molti non siano stati tradotti in italiano. Però alcuni sì. Non posso non consigliare ninfee nere di Bussi, Alex di Lemaitre e Assassinio senza volto di Mankell… per iniziare direi che bastano!
Tra gli emergenti chi apprezzi?
F.M.: Recentemente ho apprezzato molto Ilaria Tuti, anche se non è più emergente.
Quali consigli daresti ad un nostro lettore col proprio manoscritto pronto nel cassetto?
F.M.: Di osare! Io non volevo pubblicare; è infatti la mia compagna che mi ha consigliato di farlo, praticamente costringendomi. Un libro è scritto per essere letto. Il ricevere tanti no non deve essere fonte di delusione o di tristezza, prima o poi (si spera più prima che poi!), arriverà il fatidico sì. Ne basta soltanto uno!
Grazie del tuo tempo. Ora come da nostra tradizione ti preghiamo di lasciarci con citazione e ricetta preferite
“Un giorno senza sorriso è un giorno perso” di Charlie Chaplin.
Essendo un po’ come il poliziotto Di Chiara, amante della Corea, vi consiglio la ricetta del Bimbibap! Più facile a farla che a nominarla, state tranquilli! Sono un pessimo cuoco, ma vi posto la ricetta ovviamente!
Ingredienti:
100g di carne trita (manzo);
1 carota;
200g di spinaci;
100g di funghi (i nostri chiodini dovrebbero andare bene)
3 uova;
3 bicchieri di riso (bollito);
1 cucchiaio da tavola di salsa di soia;
1 cucchiaio da tavola di olio di sesamo;
1 cucchiaino di zucchero;
¼ cucchiaino di aglio tritato;
3 o 4 porzioni di riso bollito;
1 cucchiaino di sale;
gochunag – 고추장 (a piacere).
Preparazione:
Lavare bene il riso prima di metterlo in pentola, questo lo renderà meno ‘risotto’. Far bollire il riso, nel frattempo preparare gli altri ingredienti.
Prendere la carne trita e lasciarla marinare nella salsa di soia (per 30′). Per la cottura aggiungere un filo d’olio in padella e cuocere la carne (4 o 5 minuti).
Consiglio: lasciare la cottura della carne come ultima cosa, dopo la preparazione degli altri ingredienti, così da servirla calda.
Lavare gli spinaci, nel frattempo far bollire un pentolino d’acqua con un pizzico di sale. Una volta portata a bollore, immergere gli spinaci e lasciarli bollire per 30 secondi.
Scolare e strizzare gli spinaci, in modo da togliere l’acqua in eccesso e far raffreddare.
Aggiungere un cucchiaio d’olio di sesamo (o di oliva, perché no) e semi di sesamo.
Mischiare bene il tutto.
Tagliare a fettine i funghi e passarli in padella con un po’ d’olio per 3 minuti.
Tagliare le carote alla jullienne e passare in padella con un po’ d’olio per 3 minuti
Friggere l’uovo, facendolo rimanere intero tipo “occhio di bue”.
Una volta che tutto è pronto servire nella ciotola: prima il riso, poi le verdure con la carne ed infine mettere l’uovo fritto sopra a tutti gli altri ingredienti e, se la si vuole aggiungere, a lato la gochujang (고추장). de “Formule Mortali”!
Ancora grazie e a voi tutti buona lettura di “Formule Mortali”!