a cura di Alessandro Noseda
Ci è venuto a trovare una superpenna del panorama italiano: Fernando Coratelli.
Buongiorno e benvenuto Fernando.
F.C.: Buongiorno a voi.
È usanza del nostro blog cucinare mentre chiacchieriamo. Infilati un grembiule, sono sulla sedia. Cosa prepariamo?
F.C.: Se cucino io è a tuo rischio e pericolo. Sicuro di voler fare cucinare me? Allora ti faccio una pasta al pomodoro, quella riesco a prepararla.
Sei sugli scaffali con “Alba senza giorno” (Italo Svevo), libro che ha già ricevuto l’endorsement della critica. Quali sono le ragioni del successo?
F.C.: Le ragioni potrebbero essere molte, tuttavia voglio credere che una delle principali sia che c’è di nuovo voglia di leggere romanzi civili, che raccontino la realtà e il presente e non soltanto l’ombelico dell’autore.
Il romanzo piace molto ai lettori e si sta facendo strada soprattutto grazie al passaparola. Ci invogli a leggerlo con una breve sintesi?
F.C.: Sono tre storie che arrivano da lontano e lontane tra loro che in una sorta di countdown andranno a incrociarsi irrimediabilmente alla fine del romanzo. La prima storia, la più corposa, parte un anno prima da Plovdiv in Bulgaria. È la vicenda di due ragazzini rom, Stoian e Stéphka, che lasciano il quartiere ghetto di Stolipinovo e vanno a cercare fortuna a Occidente, prima a Berlino, poi a Parigi e a Metz, infine a Milano; ovunque trovano diffidenza e discriminazione. La seconda storia invece parte da sei mesi prima e si svolge tutta a Milano, nella periferia sud della città; protagonista è Martina una poco più che trentenne separata con una figlia di sei anni, e sotto casa le impiantano un campo nomadi. Allora di concerto con sua madre e il resto del quartiere mettono su un presidio antirom che alla fine diventa uno strampalato punto di aggregazione. La terza storia, invece, dura solo un mese e vede protagonista un sicario della ‘ndrangheta che deve vendicare un omicidio, e la narrazione ne segue la sua quotidianità.
Le tre storie si alternano di continuo capitolo per capitolo, per creare quell’effetto suspance e da conto alla rovescia che dicevo in precedenza.
Sei scrittore e autore teatrale. Come e quando sono nate queste passioni?
F.C.: Da ragazzo, in epoca liceale. Amavo così tanto il teatro di prosa (forse ai tempi pensavo anche di diventare attore) che avevo cominciato anche a leggere le opere e non solo vedendole rappresentate. Dopo i primi tentativi di scrivere opere sceniche sono passato al racconto e al romanzo, ho imparato a lavorare su personaggi e strutture narrative e da quel momento in poi mi sono alternato tra romanzo e pièce teatrale.
Ti piace presentare il libro al pubblico? Qual è la situazione che preferisci?
F.C.: Mi piace ma non ne faccio un punto focale. Più che altro mi piace poter parlare e chiacchierare con i lettori, è bello ricevere feedback e anche critiche. Per questo la situazione che preferisco sono magari incontri o lezioni di discussioni più che la canonica presentazione in libreria.
Una domanda che non ti hanno fatto e a cui avresti voluto rispondere?
F.C.: Uhm, questa davvero mi mette in difficoltà. A livello letterario non credo di avere domande che non mi hanno mai posto. Forse potrei averne da un punto di vista personale, ma direi che interessano poco i lettori.
Quando sei lettore, cosa compri? Quali sono i tuoi autori preferiti?
F.C.: Compro parecchi libri, talvolta troppi, infatti ho una pila che fatico a consumare. Sugli autori preferiti, beh, quanto tempo avete a disposizione? Scherzi a parte sono davvero molti gli autori che mi hanno formato e che potrei definire preferiti. Dai grandi classici, tipo Tolstoj, Dostoevskij, Kafka, Dos Passos, Camus, Steinbeck, Fitzgerald – solo per citarne alcuni – agli italiani del Novecento a partire da Svevo per arrivare a Brancati, Buzzati, Sciascia, Pavese e soprattutto Fenoglio. Tra i coevi direi sicuramente Don DeLillo e Philip Roth, però se devo essere sincero ti direi che preferisco l’opera all’autore, ovvero ho romanzi preferiti più che autori.
Quali consigli daresti ad un nostro follower col suo manoscritto pronto nel cassetto?
F.C.: Il primo consiglio è rileggerlo a voce alta. È una cosa fondamentale quella di leggere quel che si è scritto a voce alta. Poi rivederlo tre, quattro, anche cinque volte. La prima stesura di solito è piena di ingenuità, di luoghi comuni, di impalcature che vanno eliminate. Il consiglio è di non mandare mai a un editore un manoscritto senza averlo passato al setaccio varie volte e senza averlo letto a voce alta.
Grazie del tuo tempo. Ora come da nostra tradizione ti preghiamo di lasciarci con citazione e ricetta preferite.
F.C.: Beh, per quel che riguarda la ricetta, da barese, non potrei che dire Patate riso e cozze. Un piatto della tradizione cittadina, un antico piatto povero difficilissimo da preparare.
La citazione, invece, è di Albert Camus: “Invece di uccidere e morire per diventare quello che non siamo, dovremmo vivere e lasciare vivere per creare quello che realmente siamo”.