Intervista di Manuela Baldi
Enrico Franceschini è un giornalista, vive a Londra dove è stato corrispondente per il quotidiano “La Repubblica” per lunghi anni, precedentemente lo era stato da New York, Washington, Mosca e Gerusalemme.
In libreria con due libri: il più recente “Elisabetta II 1926 – 2022 l’ultima grande regina – Mondadori, Le Scie, e quello immediatamente precedente, “Un’estate a Borgomarina” facente parte della collana Nero Rizzoli. con protagonista Andrea Muratori.
Enrico Franceschini , benvenuto su Giallo e Cucina.
1.MaBal – Enrico, iniziamo proprio dal tuo ultimo libro, sia perché di stretta attualità, sia per conoscere il tuo pensiero: potresti dirci chi è stata la Regina Elisabetta II per gli Inglesi?
E.F. ”E’ stata un simbolo nazionale che li teneva uniti e li confortava nei momenti più importanti, che fosse il discorso di Natale in tivù o le difficoltà per la pandemia. Non ha mai deciso niente, perché non era quella il suo ruolo. E ha vissuto, come tutti i monarchi, fra castelli e servitù, dunque in condizioni di grande privilegio. Ma si è comportata con dignità e senso del dovere. Restando così a lungo sul trono, per più di settant’anni, gli inglesi si sono abituati alla sua presenza come se si trattasse di una persona di famiglia. E anche i suoi problemi, tre divorzi su quattro figli, i litigi fra i nipoti, l’hanno avvicinata alla gente che si poteva rispecchiare nelle vicende della casa reale. Un personaggio storico, forse l’ultimo del Novecento”.
2.MaBal Immagino che avendo fatto il corrispondente da Londra per un lungo periodo tu avessi moltissimo materiale sulla regina già pronto, ma decidendo cosa pubblicare c’è qualcosa che ti ha colpito che magari non ricordavi più?
E.F. ”Ho scritto molto della regina in vent’anni di corrispondenze da Londra. Avevo molto materiale per il libro. Ma la cosa che non ricordavo più nei dettagli, paradossalmente, era la serata che ho trascorso a Buckingham Palace con la regina e Carlo in occasione del banchetto di gala per la visita del presidente della repubblica Ciampi. Poiché questo è un blog anche di cucina, una cosa che di quella serata non ricordavo era per esempio il menù. Avevo tuttavia conservato l’invito, che non era un semplice cartoncino bensì un libretto di istruzioni lungo una dozzina di pagine, comprendente anche la lista dei piatti che sarebbero stati serviti in tavola. Bè, se volete sapere cosa si mangia a palazzo reale, dovrete leggere il mio libro. Posso anticipare una cosa: non fu una cucina memorabile. E’ difficile, del resto, cucinare per duecento persone. Il caffè, tuttavia, non me lo scorderò più. Perché mentre lo bevevo la regina venne a mescolarsi ai suoi ospiti e per caso il primo con cui si fermò a chiacchierare fui proprio io”.
3.MaBal – Passiamo al secondo libro di cui vorrei parlare con te: “Un’estate a Borgomarina” terzo libro di una serie con protagonista Andrea Muratori, detto Mura, giornalista in pensione, che dopo aver vissuto prima in giro per il mondo e poi a Londra, rientra in Italia e va a vivere a Borgomarina, riconoscibilissima cittadina della Riviera romagnola, vive con poco e di poco e gli capita di trasformarsi in investigatore. Come ti è venuta l’idea per questo personaggio? Sbaglio a pensare che si tratti del tuo alter-ego? Hai pensato prima al personaggio e poi all’ambientazione?
“Non sbagli affatto. Mura mi somiglia al 99 per cento. La differenza è che io, andato in pensione, sono rimasto a Londra con la mia famiglia e ho continuato a collaborare regolarmente con il mio giornale, La Repubblica, mentre lui è tornato per così dire al paesello natio, una stazione balneare della riviera romagnola, un piccolo borgo di mare da me chiamato appunto Borgomarina che rappresenta un po’ tutte le località della zona pur somigliando soprattutto a Cesenatico, e lì ha smesso del tutto di scrivere, finendo per diventare un detective per caso, per ritrovare l’adrenalina del suo mestiere. Diciamo che Mura ha fatto quello che una parte di me desiderava fare: il ritorno alle radici. La narrativa, sia quando la scrivi, sia quando la leggi, ti permette di vivere più esistenze ed è questa una delle ragioni del suo fascino”.
4. MaBal – Enrico hai al tuo attivo più di 20 libri, fra saggi e romanzi, hai tradotto poesie di Bukowski, so che hai una passione per Sherlock Holmes sfociata in un libro uscito nel 2020 (A Londra con Sherlock Holmes. Sulle orme del grande scrittore, Collana Passaggi di dogana, Giulio Perrone Editore). A partire dal 2019 ti sei dedicato al giallo, hai deciso da subito che sarebbe stato un personaggio seriale? Mi piacerebbe sapere se scrivere di un personaggio seriale sia stato diverso rispetto alla scrittura degli altri libri?
E.F. “A dire il vero qualche giallo l’ho scritto anche prima, ‘La donna della piazza Rossa’, uscito nel 1994, ‘Fuori stagione’ uscito nel 2006, ‘L’uomo della Città Vecchia’ nel 2017. Poi mi è venuta l’idea di un personaggio seriale, Mura, il mio alter ego, e scriverlo è stato diverso perché ho immaginato subito la trama di tre o quattro romanzi, ognuno indipendente dall’altro, ma con un filo comune e, in un certo senso, un’evoluzione dei personaggi di storia in storia, fino a una sorta di conclusione. Ma devo dire che metto sempre una parte di me nei miei romanzi, che infatti hanno quasi sempre avuto un giornalista come protagonista”.
5. MaBal – Trattandosi di gialli ci si aspetta un crimine, le indagini e uno o più colpevoli, ma al di là delle singole investigazioni, un aspetto che io ho apprezzato molto nei tre libri è il racconto che fai dell’amicizia fra il protagonista e i suoi amici. Mura fa parte di un quartetto di amici che si conoscono dalle scuole, che come i Tre Moschettieri più d’Artagnan, sono tutti per uno e uno per tutti. Per te cos’è l’amicizia?
E.F. “E’ una cosa molto importante. Lo è stata quando ero giovane, lo è ancora. Mi ha fatto molto piacere ricevere messaggi ed email di lettori di questa trilogia che mi dicevano di riconoscersi nei miei personaggi: anche io ho amici così, anche noi scherziamo e parliamo così, anche noi ci chiamiamo i moschettieri e diciamo uno per tutti, tutti per uno, mi hanno detto alcuni di loro. E mi ha fatto altrettanto piacere che questi romanzi piacciano anche alle donne. A prima vista sembrano storie molto maschili, qualcuno direbbe anche maschilisti, perché al protagonista e ai suoi amici le donne piacciono parecchio e ne parlano tanto, in modo non proprio politicamente corretto. Ma sono degli ultrasessantenni e sono i primi a riconoscere di essere un po’ patetici a parlare così. E poi i veri eroi dei miei libri, i risolutori di ogni caso, non sono i quattro uomini ma le loro quattro donne: le eroine. Perché l’Italia, paese della mamma, è femmina. E perché la Romagna, sorta di Italia al quadrato, rivela la verità dei rapporti tra i due sessi nel nostro Paese: gli uomini, dietro atteggiamenti sbruffoni o smargiassi, hanno una fragilità interiore; sono le donne a tenere in piedi tutto, la coppia, la famiglia, la casa, gli affari, la nazione”.
6. MaBal – A fine estate Pietro Gabrielli, detto il Prof. (uno degli amici di Mura) regala una compilation a Mura, altro rito che caratterizza l’amicizia dei moschettieri, mentre scrivi ascolti musica? Come scegli le canzoni per il libro?
E.F.”Non ascolto musica mentre scrivo ma amo la musica e la considero parte essenziale di ogni narrazione. Per questo ho messo sotto il titolo di ogni capitolo una ‘colonna sonora’, una canzone che dia l’atmosfera e un’indicazione sulle pagine che seguono. Molti di questi brani sono i miei preferiti. E parecchi sono le canzoni che, anno dopo anno, scandiscono l’estate italiana”.
7. MaBal – Come ho avuto modo di dirti, la frase finale per me vale la lettura del libro e senza paura di svelare troppo la riporto : “E si sta bene anche senza vedere dove sei, senza sapere dove vai, senza capire tutto.” Visto che lo fai pensare al tuo protagonista, lo pensi anche tu?
E.F. “Sì, lo penso anch’io e confesso di avere scritto tutto il libro per poter scrivere alla fine quella frase. Riflette la mia filosofia di vita e il tipo di romanzi che preferisco. Non è sempre necessario vedere e capire tutto, anzi il più delle volte è impossibile, perché la verità, nella vita come nei romanzi, spesso non è bianca o nera ma si cela in una zona grigia fatta di contraddizioni e mistero. I sentimenti non sono sempre spiegabili, sia nelle buone azioni, quelle guidate dall’amore, sia in quelle cattive, come nei delitti. E in generale quella frase per me racchiude l’inno alla leggerezza pronunciato in un famoso saggio da Italo Calvino: talvolta, senza bisogno di fare grandi discorsi, si può riuscire a dire qualcosa. O almeno provarci”.
8. MaBal – Enrico tu cosa leggi? Hai un genere preferito?
E.F. ”No, non ho un genere preferito. In vita mia ho letto di tutto. Una montagna di saggi su America, Russia, Medio Oriente e Regno Unito, per il mio lavoro di giornalista, ma soprattutto romanzi, quelli sono il mio grande amore. Romanzi Italiani e stranieri, classici e di intrattenimento, noir e d’amore, storici e contemporanei. I romanzi, insieme ai buoni film, mi hanno fatto una grande compagnia e continuano a farmela”.
9. MaBal – Ci daresti un consiglio di lettura?
E.F: ”Uno solo? Come faccio? Ho amato da giovane e continuo ad amare Charles Bukowsky: ‘Post Office’, se non lo avete mai letto prima. Forse nessuno scrive come Louis Ferdinand Celine, il suo ‘Viaggio al termine della notte’ mi ha stregato quando avevo vent’anni e ancora ne ricordo a memoria certi pezzi. Amos Oz avrebbe meritato il Nobel, ‘Una storia di amore e di tenebra’ è un libro che ti colpisce dritto al cuore. E poi Hemingway, naturalmente: “Ma quella era la Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici”, mi vengono ancora i brividi a scrivere la frase che chiude il suo ‘Festa mobile’. Però se dovessi scegliere un solo libro da portare con me su un’isola, o perlomeno il libro che mi è piaciuto di più negli ultimi anni, direi ‘Keyla la rossa” di I.B. Singer. Ci troverete dentro, fra molto altro, anche tanti odori di cucina. E un ingrediente raro: la vera poesia”. Tutto Simenon e tutto Chandler, per quanto riguarda i gialli, senza dimenticare i russi, che per me sono come una religione: Gogol, Bulgarkov, Checov, Dostoevskij e naturalmente Tolstoy. E per citare almeno qualche autore italiano, “I Sillabari” di Parise e i racconti di Buzzati.
11. MaBal – Per il nostro blog “Giallo e Cucina” è d’obbligo chiederti se hai un piatto/cibo preferito?
E.F. “In cucina ho gusti semplici. In un ristorante di Londra mi hanno intitolato un piatto del menù, gli Spaghetti Franceschini: sono soltanto degli spaghetti al pomodoro. Vi do’ un pranzo completo, anche se raramente mangio più di un piatto per pasto: di primo i passatelli in brodo, di secondo le polpette al pomodoro con i piselli e di dessert l’affogato al caffè. Se invece stiamo sul pesce, la felicità per me sono gli spaghetti alle vongole o il risotto alla moda di una volta cucinato all’Osteria Bartolini di Cesenatico, che sarebbe un risotto alla marinara senza pesce, soltanto con gli odori del pesce in cui è stato cotto, un risotto povero insomma, perché questa era la moda di una volta, una cucina povera capace di essere lo stesso saporita. Bè, se mi invitate a cena adesso sapete cosa cucinarmi! Buon appetito e grazie dell’ospitalità in questo blog”.
Enrico, grazie per aver risposto alle mie domande.