Intervista a cura di Gino Campaner e Dario Brunetti
Speciale Maggio in Giallo 2022
Diamo un caloroso benvenuto su Giallo e Cucina a Chicca Maralfa , in libreria col suo ultimo romanzo Lo strano delitto delle sorelle Bedin uscito per la Newton Compton editore. Ti abbiamo strappata ai numerosi impegni, è stato un Maggio prolifico che ti ha vista impegnata in giro per lo stivale a promuovere il tuo ultimo romanzo. Presentazioni, festival e non da ultimo la partecipazione a Maggio in Giallo che è ancora in corso fino quasi a metà giugno. Kermesse organizzata da Gino Marchitelli che ti vedrà impegnata appunto nell’ultima giornata il 12 giugno. Ci racconti un po’ com’è questo ritorno alle presentazioni in presenza dopo il brutto periodo che abbiamo passato?
«Non vedevo l’ora. Chi legge libri, e lo fa come sana e assidua abitudine, dà molta importanza al contatto con l’autore. Come anche l’autore lo dà a quello con i lettori. Nell’ambiente si dice, non sbagliando, che la riuscita di un libro dipende sì dai contenuti, e dunque dalla storia, e dallo stile, ma anche dal modo di porsi dell’autore. Da come è, e da come interagisce con i lettori. Immagina come la pandemia possa essere stata disastrosa, soprattutto per gli autori esordienti, che non hanno avuto la possibilità, se non attraverso la mediazione dei social, di presentare i loro romanzi. È mancato il contatto diretto, la cosiddetta prima impressione. Io non sono di quegli autori che consegnano il proprio destino editoriale solo al prodotto-romanzo. Mi piace conoscere di persona i lettori, sapere chi sono, cosa fanno, cos’altro leggono. Sono una persona estemporanea, che non ama le scalette e si diverte a fare le presentazioni perché è un modo per relazionarsi con il pubblico, per viaggiare, per conoscere i librai e scoprire luoghi diversi, per raccogliere dove fosse possibile impressioni sui libri, i miei e quelli degli altri. Mi piace poi quando le serate proseguono con i lettori, davanti a un buon bicchiere di vino. In pandemia tutto questo non c’è stato. ‘Il segreto di Mr Willer’ è uscito a febbraio 2021, eravamo ancora tutti chiusi in casa. Di fatto ho iniziato a presentarlo in pubblico a giugno. Questa cosa mi è dispiaciuta molto. Per “Lo strano delitto delle sorelle Bedin” è andata diversamente, sono partita con una media di due presentazioni a settimana». |
Anche giugno non sarà da meno immagino, soprattutto è in uscita una raccolta di racconti, curata dal qui presente Dario Brunetti, al quale tra breve passerò la parola, nel quale hai partecipato con una tua storia. La presentazione ufficiale del libro sarà a Giallo festival il 4 giugno. Ci puoi dire come è nata l’idea di mettere a disposizione un tuo racconto per questa iniziativa e ci introdurresti qualcosa a riguardo? Tra l’altro una parte del ricavato andrà in beneficenza.
«Dario mi ha coinvolto e mi ha fatto molto piacere che abbia pensato a me per questo progetto che ha anche una finalità sociale importante, riservando un’attenzione speciale alle donne che subiscono violenza. Avevo nel cassetto un nuovo personaggio, Emma De Salis, una ex suora diventata investigatrice. Con un altro racconto che la vede protagonista, lo scorso anno sono arrivata in finale a ‘Nebbia Gialla’ e a ‘Giallo Stresa’. Due giurie diverse, identico risultato, questo mi ha fatto dedurre che funzionasse. Tra l’altro Emma è una figura di genere atipico per me: i miei protagonisti sono tutti uomini. Certo, ci sono anche figure femminili di rilievo, ma sotto l’occhio di bue metto sempre un uomo. Almeno per ora. Non mi viene mai di scrivere di donne, quindi Emma la considero davvero una novità. Nella sua apparente semplicità e morbidezza caratteriale è una figura femminile molto originale e sfaccettata. Lavora in tandem con Tancredi Battaglia, detto il ‘talebano’ per via della barba lunga, un ex compagno di liceo che ha mandato in malora l’azienda di famiglia. Lui ha sempre avuto la passione per le investigazioni, si incontrano nuovamente in due momenti delicati delle reciproche esistenze, lei ha lasciato il convento, lui deve reiventarsi professionalmente. Colgono l’attimo coincidente e ne fanno un’unica occasione di rinascita umana e professionale. Li ho localizzati a Brescia, per ragioni tutte da scoprire leggendo».
Quindi una primavera e un’estate fittissima di impegni. Ma tutto nasce, credo di non sbagliare nel dirlo, dal romanzo Il segreto di Mr Willer. Io ho avuto il piacere di leggerlo e posso affermare che è un romanzo eccellente. Una vera rivelazione, per me. Ci puoi raccontare come nasce l’idea di scrivere quel romanzo?
«Prima de “Il segreto di Mr Willer” c’è stato “Festa al trullo”, una profetica black comedy di quanto avremmo visto, un paio di anni dopo, nella sfilata di Dior a Lecce e in quella di Gucci a Castel del Monte, e cioè la Puglia delle bellezze architettoniche valorizzata ma anche un po’ cannibalizzata dai più importanti brand della moda internazionale, a caccia di location uniche per le loro sfilate. D’altronde avendo ormai proposto ogni genere di tessuto, linea o modello, colori e abbinamenti, avendo travalicato i generi uomo/donna a fare la differenza sono ormai i contesti, i fondali. Appena sarà possibile andare a sfilare sulla Luna o su Marte lo faranno anche lì.
“Festa al trullo” è stato il racconto parodistico e grottesco del conflitto fra due mondi e dunque anche di due culture: da una parte la tradizione contadina dei nostri territori e delle nostre architetture – trulli e masserie – e dall’altra il melting pot del fashion mondiale, con i suoi variopinti e variegati significanti, la sua cangiante iconografia e narrazione della modernità che rilegge il passato o lo reinventa sotto nuove forme. “Il segreto di Mr Willer” è nato osservando, invece, il mondo dei social-media e un certo tipo di tv da talk show, dove lo scontro e la prevaricazione sono dominanti e funzionali a far lievitare gli ascolti. Non conta quello che si dice ma come lo si dice: il tono di voce, l’aggressività. Non importa che sia vero o falso, conta piuttosto il potere dialettico, che non necessariamente vuol dire saper parlare bene, avere cultura, essere informati, ma invece essere veloci nel mettere all’angolo l’interlocutore. Un ring bell’e buono, di cui Mr Willer è leader incontrastato, sul canale Twitch. È un noir in cui porto il lettore a interrogarsi sul concetto di verità al giorno d’oggi, sul ‘consumismo’ sessuale, sul livello becero del dibattito in alcuni media, sui falsi dogmi e sull’assenza di certezze nella vita di ciascuno di noi».
Quest’anno invece è stata la volta del Lo strano delitto delle sorelle Bedin. Un romanzo molto diverso dal precedente. Più introspettivo ma anche più complesso che abbraccia tanti argomenti. Quando e perché nasce l’idea di questo libro? Lascio la parola a Dario. Che proseguirà da par suo con le domande. Ti ringrazio e ti saluto cordialmente.
«Grazie Gino. So che sei un fan di Mr Willer. Pure io, tanto che gli ho dedicato un romanzo. Ma ho anche trovato il modo per dargli una lezione. Ah Ah.
“Lo strano delitto delle sorelle Bedin” mi è venuto incontro, dopo diversi soggiorni sull’Altopiano dei sette Comuni. Ho visitato il territorio, l’ho interiorizzato grazie a una guida eccezionale, la mia amica Lucia Rupolo, di Padova che ha casa lì. Ho creato un nuovo personaggio, il luogotenente dei Carabinieri, Gaetano Ravidà, detto Ninni, affinché diventasse il mio alter ego maschile».
Ringraziando il mio caro amico Gino Campaner e mi collego alla sua ultima domanda. Con l’enorme piacere di aver partecipato a una tua presentazione alla Feltrinelli di Bari dalla quale si è evinto che per poter scrivere questo noir, si è dovuto fare un lavoro che è frutto di certosina documentazione, visitando Asiago che è stato il luogo dove sono avvenute sanguinose battaglie durante la Prima Guerra Mondiale? Che ricordo hai? Tra l’altro il maestro Ermanno Olmi ha girato proprio un film a riguardo dal titolo Torneranno i prati con protagonista Claudio Santamaria.
«Come dicevo tantissimo studio: fauna, flora, storia, tradizioni popolari, la lingua del posto. Mario Rigoni Stern e Ermanno Olmi sono state per me due figure sempre presenti. Tutto quello che hanno fatto, scritto, e mostrato dell’Altopiano, mi è servito tantissimo. Fino a qualche anno fa c’erano ancora le trincee del set di “Torneranno i prati”, le ho visitate e fotografate. È stata una grande emozione. Sai, quello è un posto dove i morti non hanno mai smesso di morire».
La straordinaria bellezza di questo noir sta nel trattare un tema di storia senza essere appunto un romanzo storico, perché l’elemento essenziale sta nell’indagine condotta dal luogotenente Gaetano Ravidà, un personaggio che entra facilmente in empatia con i lettori per la sua grande voglia di riscatto nei confronti della sua vita privata, ci descrivi il protagonista?
«È un uomo catapultato in un altro mondo, lontano dalla sua Bari, dove è nato e dove ha costruito una famiglia alla quale è legatissimo, nonostante tutto, e un’ottima reputazione professionale. Ravidà è un Giobbe contemporaneo, un uomo con un alto senso degli affetti, del dovere e della giustizia, che trova inconcepibile il fallimento del suo matrimonio come l’archiviazione di un cold case, il duplice delitto delle sorelle Bedin, un crimine efferato che ha scosso la quiete di Asiago e dei dintorni e che si aggira come una brutta ombra su valli, declivi, boschi e sentieri. Sono posti di una bellezza struggente e che cento anni prima hanno conosciuto la tragedia della Grande Guerra e poi il ciclone Vaia che ha raso al suolo milioni di alberi, riportando l’Altopiano in uno scenario di distruzione molto simile a quello del Primo Conflitto. Avendo scelto quella ambientazione non potevo ignorare quanto è accaduto su quelle montagne, i tanti “giovani” che sono morti combattendo. Cercavo una chiave per inserire la Storia nel giallo evitando nozionismi e altro che appesantisse la lettura e l’ho fatto costruendo intorno al protagonista una vicenda personale di respiro collettivo. In questo modo ho attualizzato “emotivamente” la Grande Guerra, riportando in prima linea la figura del milite ignoto, uno per tutti, il nonno di Ninni Ravidà, impegnato fino alla morte, sul Monte Lemerle, nella Brigata Trapani».
Il medico legale Maria Antonietta Malerba esiste realmente, da dove nasce l’idea di introdurre un personaggio conducendolo in un’opera di fantasia?
«Era già presente ne il segreto di Mr Willer. Lì si chiamava Maria Antonietta Belfiore. Questa volta abbiamo deciso insieme di farle entrare nella storia senza mediazioni. È lei nella estetica, nel carattere, con le sue chiavi appese al collo al posto delle collane, i bracciali che tintinnano e il fido Gastone, il suo irrequieto amico a quattro zampe, sempre a fianco».
Molto spesso anche dalla lettura di un buon libro, si arriva a scoprire niente poco di meno un gruppo musicale , mi riferisco al rock dei The National e pertanto ti chiedo che influenza ha la musica nella tua vita quotidiana e quanto può diventare un valore aggiunto nella tua scrittura?
«Devo tanto alla musica rock, all’indie rock in particolare, mi ha aperto la mente, mi ha portato lontano, mi ha fatto scoprire tanti scrittori e tanti poeti, mi ha insegnato la vita che vivo, mi ha fatto essere quello che sono. I The National, dopo anni che non andavo a seguire concerti, mi hanno riportato sotto il palco, a fare ore di coda per conquistarmi il posto migliore, in giro per l’Europa e fin negli Stati Uniti. I loro testi, un po’ criptici e quei loro suoni molto duri e melodici allo stesso tempo, sono la cartina di tornasole dei miei stati d’animo. Farli entrare nella storia è stato come riportare tutto a casa, la mia casa, dove ci sono la musica e la letteratura che si tengono costantemente per mano».
Festa al trullo, Il segreto di mr Willer e Lo strano delitto delle sorelle Bedin, tre romanzi completamente diversi con tre registri narrativi differenti sono la dimostrazione che disponi di una tecnica di scrittura di alto profilo e allora non rimane che domandarti, da dove nasce l’impellente necessità di cambiare non affidandosi magari al solito genere letterario usando uno stile e un linguaggio che si adatta alla storia e al conseguente tema trattato? E inoltre che consiglio daresti a un giovane autore o autrice che si vuole approcciare a questo mondo ?
«Non esiste una regola. Esiste una storia che chiede di essere raccontata con uno stile e dunque un linguaggio credibile. Lo stile dell’autore deve essere sì distinguibile, ma non può raccontare allo stesso modo personaggi diversi, in romanzi diversi. Finisci per dar loro, nella tua testa di lettore, lo stesso volto o la stessa voce. Non va bene così. È ripetitivo e poco credibile. Non esiste un modo per approcciarsi a questo mondo, soprattutto in Italia. Esiste la determinazione, la volontà, la fortuna, per chi ce l’ha. Poi esistono i cosiddetti giri, le corti, ma ci sono anche le scuole di scrittura e gli agenti letterari, fondamentali. Incontrare un buon agente letterario può davvero fare la differenza».
Essendo su Giallo e Cucina la domanda d’obbligo sarebbe quella di venire a conoscenza del piatto preferito del luogotenente dei carabinieri Gaetano Ravidà, cosa cucinerebbe magari in una cena intima a lume di candele con la dott.ssa Malerba ?
«Gli spaghetti all’assassina. Lui li cucina molto bene».
Il blog Giallo e Cucina ti ringrazia per essere stata nostra ospite e chiudiamo l’intervista con la solita domanda di rito: Tre libri a cui sei particolarmente legata.
«”Il lamento di Portnoy” di Philip Roth, “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” di Gadda e “Delitti Esemplari” di Max Aub. Grazie a voi».