Intervista a cura di Manuela Fontenova
Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda ad Antonio Lanzetta, un autore molto amato da noi lettori, da poco in libreria con un nuovo e appassionante romanzo L’uomo senza sonno (Newton Compton editori).
- Entriamo nella storia: negli anni del secondo dopoguerra, Bruno un orfano tredicenne vive un’estate che cambierà profondamente la sua esistenza. Come nei tuoi precedenti romanzi ritorna il tema della formazione, dell’amicizia e del male. Vuoi raccontarci tu qualcosa sul personaggio? Come nasce? Hai avuto un modello che ti ha ispirato?
Bruno è un orfano nella provincia rurale italiana del secondo dopoguerra. L’idea alla base de L’Uomo senza sonno, il contesto su cui ho costruito il romanzo, si fonda sulla mia voglia di raccontare proprio la vita di Bruno, le evoluzioni, dal momento della perdita dell’innocenza, la scoperta della morte, l’estate in cui per lui cambiò tutto, fino all’età adulta. L’uomo senza sonno si configura pertanto come un romanzo di formazione, con sfumature gotiche.
- E per quanto riguarda Villa Aloia? Adesso ti faccio una domanda un po’ stramba: secondo te le dimore conservano davvero lo spirito di chi le ha abitate? O siamo noi a voler pensare che non tutto vada perso dopo la morte?
È possibile che le vecchie case conservino il ricordo di chi le ha abitate, ovvero abbiano memoria dei momenti felici ma anche di quelli tristi, delle sofferenze. È anche questa la concezione che sono stati scritti molti romanzi e racconti gotici. C’è qualcosa che resta attaccato agli oggetti, ai luoghi… qualcosa di intangibile e affascinante che alimenta mistero, folclore e anche un senso di nostalgia.
- Sei l’autore di una bellissima trilogia (Il buio dentro, Le colpe della notte e I figli del male) e in tutti e tre i romanzi la storia ha il suo corso, la narrazione si conclude senza lasciare spazio a dubbi (a tante riflessioni sì). Con L’uomo senza sonno invece io ho avuto la percezione di un invito al lettore a interpretare, a dare una chiave di lettura ai temi trattati. Mi confermi questa sensazione? La storia ha più piani di interpretazione?
Grazie! Penso che i romanzi non debbano dare risposte ma spingere i lettori a porsi domande. Trovo assolutamente noioso leggere la presenza ingombrante dello scrittore che, nascosto dietro le pagine del suo romanzo, vuole per forza spiegare. La scrittura didascalica non mi fa impazzire, anzi l’esatto contrario. È bello invece pensare ai libri come scrigni carichi di segreti da svelare, capitolo dopo capitolo.
- Come si scrive un romanzo così appassionante? Cosa porta un autore a cimentarsi con la comprensione della mente umana e del buio che spesso la avvolge? La tua scrittura è un modo per esorcizzare le tue di paure?
Non credo esista una regola precisa perché alla fine, nonostante scuole e tecniche narrative, scrivere resta sempre e comunque una forma d’arte in cui, al di là del talento, un metodo di lavoro che funziona per me può risultare invece inefficace per altri autori. È necessario avere qualcosa da dire, cercare di trasmettere un messaggio nonostante si provi a intrattenere, e personaggi che sopravvivano alle storie stesse. Quanti libri ho letto di cui non ricordo nemmeno la trama? Troppo, forse. Ciò che invece mi resta in mente è il volto dei protagonisti, il conflitto che li anima. Questi elementi, insieme a molti altri, potrebbero essere i mattoni con cui tirare su un romanzo che sia originale e appassionante.
- In tema di scrittura ti faccio un’ultima domanda: è molto difficile definire il tuo genere con un’etichetta, soprattutto con L’uomo senza sonno hai accarezzato più generi, regalandoci una storia variegata e indimenticabile. Aiutaci tu: che scrittore sei? Scrittori si nasce o si diventa?
Grazie! Provo a scrivere le storie che mi piacerebbe leggere. Credo che le etichette di genere siano state inventate solo per facilitare il mercato dei libri e organizzare gli scaffali dei negozi. Credo di essere un autore di romanzi e raccontare ciò che sento, senza essere condizionato da schemi, condensando le cose che mi piacciono, i film che ho visto e soprattutto tutti i libri che ho letto.
- Siamo su GialloeCucina perciò non posso risparmiarti una domanda “culinaria”: la scrittura è per te una necessità come lo è il cibo? Oppure è come un bell’amaro dopo un piatto gustoso, o una birra fresca in estate, o un buon prosecco per brindare alla vita?
La scrittura fa parte di un “pacchetto” esistenziale che mi riguarda e che è formato da tutte le mie passioni: lettura, cinema, viaggi. Passioni indispensabili di cui è impossibile fare a meno.
Grazie Antonio per il tempo che ci hai dedicato, a presto con una nuova storia!