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Intervista d’Autore #1- Ilaria Tuti intervista Pierluigi Porazzi

Inauguriamo oggi una nuova rubrica in cui gli scrittori intervistano i loro colleghi. Mi preme ringraziare di cuore coloro che hanno partecipato fino ad ora e tutti coloro i quali vorranno farlo a nome di tutti gli autori del blog!

 

Quando Giallo e Cucina mi ha proposto di inaugurare una serie di interviste ad autori di gialli e thriller, ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto conoscere meglio Pierluigi Porazzi, per due motivi: è nativo di Cameri (NO), ma vive in Friuli, come me, e il Friuli fa da sfondo ai suoi romanzi; ho avuto il piacere di conoscerlo di persona durante una presentazione letteraria e di lui mi colpì il fatto che si spendesse per promuovere il libro di un collega, cosa non scontata in un ambiente in cui la competizione è nascosta, ma sempre presente.

Pierluigi ha un’interessante produzione letteraria alle spalle. Ha scritto diversi racconti apparsi su riviste letterarie e antologie. Il suo vero e proprio debutto è avvenuto con l’editore Marsilio, con il quale ha tre romanzi all’attivo nella prestigiosa collana Le Farfalle. Tutti hanno come protagonista Alex Nero, agente di Polizia e profiler: L’ombra del falco (2010, due edizioni), Nemmeno il tempo di sognare (2013) e Azrael (2015), di cui Giallo e Cucina ha pubblicato una recensione a cura di Rita Colombo (la potete leggere a questo link https://gialloecucina.wordpress.com/2015/11/01/azrael-pierluigi-porazzi/).

L’ombra del falco e Nemmeno il tempo di sognare sono in seguito usciti, rispettivamente, nelle collane “Noir Italia” (Il Sole 24 Ore, 2013) e “Il Giallo Italiano” (Corriere della Sera, 2014).

 

Benvenuto, Pierluigi. Grazie per avere accettato.

Grazie a te, Ilaria, e a Giallo e Cucina!

Il tuo percorso letterario è brillante: pubblicare con un editore di prestigio come Marsilio (per tre volte) è indubbiamente un traguardo che ai più è solo concesso sognare. Raccontaci dei passi che ti hanno fatto arrivare così in alto. Hai mai fatto un corso di scrittura? Che cosa pensi dei concorsi letterari? I tuoi primi passi li hai mossi anche grazie al Premio Alberto Tedeschi indetto da Mondadori.

Sì, in effetti, “L’ombra del falco” è stato notato e apprezzato proprio dai giurati del Premio Tedeschi, tra cui c’era anche Alan D. Altieri. Proprio lui, all’epoca curatore delle collane Mondadori, tra cui Il Giallo, mi chiamò per dirmi che il mio romanzo era stato molto apprezzato. Già questa, per me, agli esordi come romanziere, era una soddisfazione enorme. Poi è arrivata la telefonata di Marsilio, a cui avevo proposto “L’ombra del falco”. Sono particolarmente orgoglioso di aver vinto il premio Corpi Freddi, perché assegnato dai soli lettori del gruppo, senza alcuna interferenza di altro genere, né politiche, né editoriali. E anche l’appena citato Premio Tedeschi penso che sia uno dei premi più seri e corretti, e una delle migliori occasioni, per gli autori esordienti che scrivono gialli, per farsi leggere.

Nei ringraziamenti in coda a Azrael, citi l’agenzia Thesis. Quanto conta avere un agente letterario per riuscire a emergere, a parità di qualità e talento? Che rapporto hai con il tuo agente, come interviene nel tuo processo creativo, se lo fa?

Un’agenzia letteraria è importante per un autore, perché è un aiuto per il primo passo; l’agenzia letteraria, se capace, riesce più facilmente a contattare gli editori che potrebbero essere interessati al romanzo, ma non sempre. Nel mio caso, infatti, il contatto con Marsilio è avvenuto direttamente. Al momento non ho un contratto con alcun agente letterario.

Nei tuoi thriller il Male viene presentato sotto varie sfaccettature. Proponi delle immagini che uniscono drammaticità a un fine senso estetico: il Male può essere anche affascinante?

Il Male non è mai affascinante. Anzi, il male, quello vero, quello che vediamo nella realtà, è privo di fascino. Letteratura e cinema ammantano di fascino certe figure (pensiamo ai serial killer e a Hannibal), ma nella realtà, se vogliamo fare un paragone, i serial killer sono più simili a un “Pacciani” che a Anthony Hopkins. Il male in sé, quello reale, può affascinare solo menti malate. Detto questo, è ovvio che uno scrittore, come un attore, deve cercare di capire la psicologia dei personaggi negativi, di entrare nella loro mente.

Parliamo di Azrael, romanzo accolto con entusiasmo da pubblico e critica (premiato anche da Corpi Freddi, il collettivo di cultori del genere noir). È l’ultima impresa, in ordine di tempo, dell’ex agente Alex Nero. Quello che mi ha colpito leggendolo è la scrittura asciutta e misurata, che non si sofferma mai troppo, ma scorre veloce e che mette in luce, per contrapposizione, una trama articolata, viva, fatta di incastri, di storie minori, di personaggi quasi sempre inquieti che portano in dote un vissuto proprio. Ne accadono di cose, in questo romanzo. Ci si chiede come faccia l’autore a guidare con lucidità i fili che fa muovere all’unisono: come ci riesci, che tecnica usi? La famosa “scaletta”?

No, non sono scrittore da scaletta. Non scrivo pianificando tutto all’inizio o per raggiungere uno scopo esterno alla storia. All’inizio ho un’idea ben precisa della trama di massima, però questa si arricchisce e si completa nel corso della stesura. è tutto nella mia testa, e sulle pagine del romanzo. Bisogna tenere ben presente tutti i personaggi, le vicende, le sottotrame. Non è facile tenere sotto controllo tutto, ma per me è molto importante che, alla fine, tutto collimi perfettamente, come in un mosaico, che il lettore si costruisce idealmente, tessera dopo tessera, per arrivare, alla fine, al disegno completo. Con “Azrael” ho cercato di fare proprio questo, di portare il lettore, a poco a poco, a scoprire la verità, l’assassino e il suo piano attraverso una serie di eventi, alcuni dei quali sembrano di primo acchito slegati, ma che alla conclusione della vicenda formano un quadro coerente e completo, e ogni particolare diventa significativo e ha il suo spazio nel puzzle. A me interessa, anche, nei miei romanzi, dare piccole immagini della realtà sociale che stiamo vivendo. Per fare un paio di esempi, l’oscurità che caratterizza le strade e i paesi in questi ultimi anni, quando anche l’illuminazione pubblica viene razionata, mentre le insegne delle banche sono sempre accese. Oppure quando i due protagonisti accendono l’autoradio e dagli altoparlanti escono le note della canzone di Lucio Battisti “Il paradiso non è qui”, con la frase “prima di noi c’è stata troppa gente infame”.

Maurizio De Giovanni ha scritto a proposito di Azrael: “Un viaggio nella stanza più buia della nostra anima.” È vero. In questo romanzo, come nei precedenti, “nessuno è innocente”, citando una tua intervista: ciascuno dei personaggi ha ombre e luci, così come il Friuli che dipingi. Proprio come i personaggi del romanzo, questa terra all’apparenza sonnacchiosa e ordinata è l’humus ideale per far crescere segreti e ambiguità. È così anche per l’animo umano?

L’animo umano è simile ovunque. Tutti hanno qualche segreto da nascondere. Anche dove tutto sembra ordinato e pulito. Ma il Nordest degli ultimi anni, non solo il Friuli, ha ben poco di ordinato e sonnacchioso. La globalizzazione ha portato una generale uniformità di tutte le realtà; non esiste più una grande differenza tra città e provincia, i problemi, le dinamiche sociali, sono gli stessi ovunque.

Fai parte del progetto Sugarpulp. Di che cosa si tratta?

Sugarpulp è un movimento culturale nato a Padova, a opera di Matteo Strukul, Matteo Righetto, Giacomo Brunoro e Andrea Andreetta, che ogni anno organizza eventi e un festival a settembre, in cui sono stati ospiti i più grandi autori contemporanei, italiani e mondiali. Un punto di riferimento e di incontro per chiunque ami l’arte, non solo la letteratura, ma anche fumetto e cinema. Anzi, con l’occasione vi invito a visitare il sito http://sugarpulp.it, per saperne di più.

Sei già al lavoro sul tuo prossimo progetto? Puoi dirci qualcosa a riguardo (editore, protagonisti, ambientazione)?

Sto ultimando un romanzo un po’ diverso rispetto ai precedenti, sempre thriller ma con altri protagonisti e una vicenda di grande attualità, e scritto insieme a un amico, il giornalista e scrittore Massimo Campazzo. L’ambientazione è sempre friulana, e spero che possa anche questo interessare a Marsilio.

Una citazione che ami particolarmente?

“Le Poète est semblable au prince des nuées

Qui hante la tempête et se rit de l’archer;

Exilé sur le sol au milieu des huées,

Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.”

“Il Poeta assomiglia al principe dei nembi

Che abita la tempesta e ride dell’arciere;

Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,

Per le ali di gigante non riesce a camminare.”

Baudeleire, “L’albatro”.

Parliamo un po’ d’altro… In cucina come te la cavi? Quali sono i tuoi piatti preferiti? Salutaci con una ricetta.

I miei piatti preferiti sono: primi piatti e pizza. Tra i dolci il gelato.

Una ricetta vegetariana: cannelloni ricotta e spinaci. Istruzioni: entrare al supermercato, dirigersi verso il reparto surgelati, afferrare con decisione la confezione di cannelloni, dirigersi verso la cassa dove c’è meno coda (questo è molto importante per risparmiare tempo da dedicare alla scrittura: consiglio di appostarsi vicino alle casse chiuse, quando c’è tanta gente, una prima o poi apre), pagare e rientrare a casa. A questo punto, accendete il forno, aprite la confezione di cannelloni e seguite attentamente le istruzioni di cottura riportate sulla busta. Ovviamente è una “ricetta” ironica, non amo cucinare, quindi al massimo potrei scrivere come preparare un caffè…

Pierluigi firmerà la prossima intervista di questo ciclo di chiacchiere con gli autori.

Grazie ancora per essere stato con noi e buona scrittura!

Grazie a te e grazie a Giallo e Cucina!

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